DB Multiverse

Hanasia, la Regina dei Saiyan

Scritto da Salagir

Traduzione e adattamento di Crix, Prosavio e ItsAMeLuigi

Questa storia si svolge sul pianeta dei Saiyan, ben prima che questi diventassero il popolo di sterminatori che portò terrore in tutta la Galassia all'epoca di Re Vegeta. Se ti sei mai chiesto in che modo queste persone così potenti vivessero in comunità, se vuoi conoscere le sorti dei Guerrieri Millenari che hanno preceduto Broly, se le avventure di una frenetica ed emotiva guerriera in un mondo crudele ti tentano…allora entra nel mondo della Saga di Hanasia!


Parte 1 :123
Parte 2 :4567891011121314151617
Parte 3 :18192021222324252627282930313233343536373839404142434445
Parte 4 :464748495051
[Chapter Cover]
Parte 4, Capitolo 50.

Storie d'Amore - Dopo

A Hanasia faceva male la testa.

A Hanasia faceva spesso male la testa negli ultimi giorni. C'erano state diverse feste, che finirono in una notte di plenilunio. Ogni volta, era una scusa per mangiare e bere. Soprattutto bere. L'alcool era sconosciuto al suo villaggio, ma era l'ultima moda nella capitale! Anche dopo anni lì, ancora non reggeva bene le bevande.

Non che ciò la dissuadesse dal consumarne. Gli Tsufuru la avevano avvertita molte volte di limitarne il consumo per via del bambino, ma li ignorava. Inoltre, molti Saiyan provarono a usare il suo pronunciato stato di ebbrezza per sfidarla per il trono. Se ne pentivano in fretta, se prima non morivano. In genere, Hanasia non uccideva i suoi avversari, ma con due grammi d'alcool per litro di sangue alle quattro del mattino, non riusciva più a trattenere i pugni. Dunque, le faceva male la testa. Aveva vomitato stamattina (la mattina dopo il risveglio, dunque una mattina pomeridiana), ma non era stata in grado di capire se fosse vomito da gravidanza o da sbornia. Seduta sul trono reale, aveva due udienze che non richiedevano troppa capacità mentale. Era fattibile. Con il tempo, iniziava a sentirsi meglio. Per aiutarsi a migliorare, aveva fatto una seconda colazione prima della prossima udienza. Fatta colazione alle quattro del pomeriggio, ordinò che entrasse la persona successiva, chiedendo chi era.

— Botte Felice.

— Cazzo. Ok, fatelo entrare.

Entrò un piccolo Saiyan dall'età avanzata, non senza mandare uno sguardo torvo alla guardia, ritenendola responsabile della lunga attesa. Troppo vecchio per combattere, e dunque per avere una qualunque forma di rispetto, per l'ultimo decennio era stato un produttore. Una categoria rara fra i Saiyan, e riservata ai deboli come lui, ma comunque rispettata, a differenza dei bibliotecari, perché tutti vedevano il vantaggio del suo lavoro: le bevande alcoliche.

Tutti erano suoi clienti nella capitale, e aveva acquisito il suo soprannome in base a ciò che produceva: barili che ti rendevano felice. A Hanasia piaceva abbastanza, con la sua testa tonda e i grossi baffi. Soprattutto perché le riservava la sua miscela migliore. Ma si lamentava sempre. Da quando lavorava con gli Tsufuru, era anche peggio. Le loro tecniche per migliorare la produzione gli entravano da un orecchio e gli uscivano da un altro, e aveva sempre qualcosa da ridire al riguardo. Stavano distruggendo un retaggio secolare con le loro sciocchezze. Era iniziato con la pulizia della frutta. Pulirla secondo lui toglieva tutto il sapore, e non si sapeva mai che schifezza c'era nell'acqua trasparente. Poi c'erano i nuovi recipienti. Il materiale non era naturale, e non perdeva, ed era sospettoso e probabilmente pericoloso. I coperchi che si giravano per aprirsi: tutto si stava facendo più complicato! E dalla scorsa settimana, questo concetto di campo. Era un motivo quasi quotidiano di venire a lamentarsi. Andiamo, le piante crescono bene da sole, perché piantarle tutte nella stessa zona, che vogliono con quel fertilizzante puzzolente, eccetera eccetera.

— RegiHa, non ce la faccio più.

Nel corso degli anni, anche la Regina Hanasia aveva guadagnato un piccolo epiteto. Nessun monarca l'aveva avuto prima, perché nessuno aveva tenuto il trono abbastanza a lungo da far ricordare agli abitanti della capitale il proprio nome. Come molti epiteti, la sua origine non era molto gentile. Era stato un Saiyan che aveva provato a prenderla in giro e aveva usato quel nome in una filippica. Altri due anni in ospedale e avrebbe dovuto poter camminare di nuovo.

Ma dopo, era stato usato molto per parlare di lei (quando lei non c'era), perché Hanasia era un nome piuttosto comune fra i Saiyan, e rendeva più facile indicare lei nello specifico. Soprattutto, una gran, gran parte dei neonati adesso si chiamavano Hanasia (femmine e maschi indifferentemente).

E un giorno, un giovane Saiyan particolarmente affascinante aveva usato il nome in sua presenza. Lei aveva finito per trovarlo carino in bocca a lui, e in generale aveva accettato l'uso dell'epiteto. Lei e il giovane uomo erano diventati intimi in fretta e infatti era il padre del bambino. Probabilmente.

— Che c'è ora? — disse mentre si diceva nella testa "Sono i campi, è ridicolo!"

— Sono i dannati campi, è ridicolo! — Disse lui senza notare il sorriso dell'altra. — Tutti ci camminano sempre dentro! E la notte scorsa è stato ancora peggio! Ho impronte giganti di scimmia dappertutto! Quasi tutte le piante sono morte!

— Pensavo che ci avessi messo un, uhm… muro. Una barriera, giusto? Con un disegno sopra?

Dato che i Saiyan non sapevano leggere e non comprendevano il concetto di spazi aperti ma ad accesso limitato, erano stati necessari degli adattamenti. Dunque, le barriere erano state rinforzate con il segno seguente:

I primi giorni, molti Saiyan avevano saltato o sorvolato la barriera e chiesto innocentemente cosa significava il segnale.

E Botte Felice, un debole Saiyan anziano, non poteva nemmeno prenderli a calci in culo. Era terribilmente frustrante. Per fortuna, c'era riuscito una volta, era stato con una bambina, ed era riuscito a farla volare via invece di spiegare. Bisognava prendere quello che la vita offriva.

— Una barriera alta un metro, non la vedi nemmeno da Oozaru! Gli Tsufuru l'hanno costruita alla loro altezza! Pensavano che fosse alta perché non riescono a vederci al disopra! Ma loro sono dei tappi! E a quanto pare non crescono nemmeno quando c'è la luna piena, quegli stranicci!

— Come hanno fatto a non pensarci? Pensavo che gli Tsufuru fossero più intelligenti di noi.

—Bah, be', sì, mi avevano detto di tenere d'occhio i campi ieri notte per essere sicuro che non accadesse… ma il loro piano faceva schifo, perché non ha funzionato! È tutto rotto, pure la barriera!

— Ma quindi c'eri? Non hai potuto fermare l'incidente? Se qualcuno si fosse avvicinato, sapevi che bastava dire il mio nome per farli allontanare. Quei Saiyan devono essere puniti. Quanti ce n'erano? Li conosci?

— Be'… Sa com'è… Memorie di una notte da Oozaru, è un po' nebbioso… Non mi ricordo bene cosa è successo… Nemmeno…

— Aspetta, il tuo campo in realtà è lontano dalla città. Un momento…

— Forse non molto… Be'…

— Non è venuto nessuno nel tuo campo ieri notte! Hai distrutto tutto da Oozaru, incapace pure di accorgerti dove fosse il campo che dovevi proteggere!

— Non è… Proprio impossibile…

— Vai, levati dai piedi! Te la vedrai con gli Tsufuru per sistemare tutto.

Mogio, il Saiyan se ne andò a testa bassa. Sembrava piccolo come uno Tsufuru.

 

— Prossima udienza? — Chiese Hanasia stropicciandosi gli occhi.

— È un Saiyan che chiede di vederti.

— Come si chiama?

— Si chiama " Che vuoi? Voglio vedere la Regina, fammi passare".

— Ah, bene. Gli avete dato una lezione?

— Cetosa ci ha provato, ma lui l'ha picchiata. Quindi abbiamo pensato che fosse meglio non combattere nel castello e abbiamo lasciato perdere.

— Ok, fatelo entrare.

L'attendente lasciò la stanza, e un giovane Saiyan entrò al suo posto. Era di altezza media, ma molto ampio. Nessuna cicatrice a vista, che era normale per la sua età, ma di meno per un guerriero che doveva essersi allenato, dato che aveva stracciato la potente Cetosa. Indossava il vestiario classico di un abitante di villaggi remoti. Aveva un'aura piuttosto forte e fiducia nel proprio passo. Una cosa strana di lui era che non aveva la coda da scimmia, per quanto lei non l'avesse notato all'inizio.

Tuttavia, era sicuramente troppo giovane per aver partecipato nella seconda battaglia contro i Demoni del Freddo, dove, provando a sfuggire ai nemici, molti Saiyan si erano tagliati la coda per rimanere più discreti fra gli Oozaru. In realtà, per molti, le code erano già ricresciute.

Il Saiyan le stava dritto di fronte, le braccia incrociate e il petto in fuori, senz'altro per impressionarla. Una sfida, senza dubbio.

— Be' allora, che vuoi? — Chiese lei.

Lui rispose con un gran sorriso. I suoi occhi le guardarono dritto attraverso. E disse semplicemente:

— Hanasia! Cosa voglio? Dovresti saperlo, no?

Lei aggrottò la fronte. Non lo riconosceva. Neppure dalla voce. Un fusto tale, se lo sarebbe ricordato! Quindi chi era? accidenti, si disse, doveva aver promesso qualcosa a questo idiota a un'ora bislacca quando era troppo ubriaca da ricordare.

— Sappi che per decreto regio, ogni promessa fatta di notte è nulla e invalidata.

C'erano stati dei precedenti.

Divertito dalla situazione, il Saiyan sciolse le braccia e si mise in una posa da culturista - un braccio in alto, uno in basso e con i muscoli in evidenza.

— Non mi riconosci, Hanasia? Non credi al bell'uomo in cui mi sono trasformato eh?

— Che vai dicendo… Sei il tizio brutto dell'altroieri? Hai trovato tipo una pozione magica?

— Che? Oh, andiamo. Guardami in faccia.

— La tua faccia… Tanto per cominciare la tua voce non mi dice niente, niente di niente. E la tua faccia stupida… La faccia…

Ci furono alcuni secondi di silenzio mentre lei tendeva il collo verso di lui.

— Harik?!!

 

 

— Proprio così.

— Sei diventato alto!

— Oh sì, sono di dieci anni più grande. Ma non sono solo cresciuto. Mi sono anche allenato, sai, in base alle tecniche di combattimento di tuo padre. Ho girato i villaggi e ho imparato da tutti, inclusi alcuni istruttori dell'esercito.

— Sei diventato capo del nostro villaggio?

— Il villaggio è troppo debole per me. Ho lasciato qualcun altro in capo. Ma prima ho picchiato quella di prima.

— L'hai ammazata?

— No. Ma nello stato in cui era alla fine, non poteva partecipare ai combattimenti per il prossimo capo.

— Quando hai perso la coda? Non è stato frustrante, ieri notte?

— Nah. In realtà, me la sono tagliata io ieri notte. C'erano due soldati arroganti che volevano tentare la fortuna. Quindi li ho sfidati. In forma normale, per darmi un piccolo svantaggio.

E dato che non aveva ferite, doveva aver vinto.

Facilmente.

— Hai sconfitto due Oozaru senza esserlo tu stesso?

— Qualcuno in più. Dopo che hanno perso, è diventata una rissa.

— Quindi sei molto forte.

— Ho fatto del mio meglio. Per essere degno di te, Hanasia.

— Hmm…

 

Lei si alzò e camminò al bovindo. Lo aprì (un riflesso difficile che ci aveva messo anni ad acquisire) e lo invitò fuori.

— Mostrami.

Lei decollò e lui la seguì. Volò rapidamente in cielo e quando si girò, lui l'aveva raggiunta. Era veloce…

— Vediamo se riesci a tocc…

Il piede di Harik atterrò sulla guancia di Hanasia, facendola girare, il corpo al seguito della testa. Nessuno la prendeva di sorpresa da anni! Capì in fretta che doveva rimettersi con la testa sul collo e schivò il secondo colpo che era già in arrivo. Vide solo allora che l'attacco era un a finta, e prese una ginocchiata nello stomaco. Era piegata a metà dal dolore, rinforzato dal bambino che non lo apprezzava per niente e si vendicò colpendola da dentro.

Harik non aveva intenzione di lasciarle spazio e l'avrebbe colpita di nuovo. Lei si trasformò in Super Saiyan.

Il pugno di Harik le atterrò sulla mandibola, tranne che stavolta fu lui a farsi male.

Lui tolse piano la mano, ipnotizzato dalla luce e dalla nuova capigliatura esibita da Hanasia. Si guardarono intensamente. Lui le avvicinò l'altra mano - perché le dita dell'altra gli facevano un po' male - e toccò i ciuffi scintillanti. Erano capelli Saiyan: rigido, in una forma predefinita dalla nascita, maabbastanza flessibile da ondulare in una forte brezza. Adattato dal formato originale, certo, ma con una maggior tendenza a puntare al cielo.

Iniziò ad accarezzarli e Hanasia si sentì scaldare. I loro visi erano già alla stessa altezza, perché stavano levitando, i piedi di Harik più in basso di quelli di Hanasia. Mentre lei avvicinava il proprio viso a quello di lui, si trovarono subito così vicini che i loro respiri si mescolarono.

Si baciarono.

Si abbracciarono.

Si strofinarono.

Si infilarono le mani sotto i vestiti.

 

Due ore dopo, la coppia tornò nella sala delle udienze, attraverso il bovindo da cui erano usciti prima. Lì, una guardia di palazzo stava aspettando impazientemente, chiaramente irritata. Disse loro:

— Mia Regina, le udienze non erano ancora finiite.

— Ma adesso sì, giusto?

— Sì, le due persone rimaste sono andate via.

— Ok, bene, grande.

— Una di loro voleva rompere la porta, abbiamo dovuto correggerla.

— Bene.

— Parecchi di noi… Era sorprendentemente forte. Tutto ciò non sarebbe accaduto se lei avesse rispettato i suoi orari.

— Così forte? Con questo sono cosa, due batoste che hai preso oggi, Cetosa?

La guardia fulminò con lo sguardo Harik che l'aveva battuta prima, con una presa che l'aveva immobilizzata senza che lei potesse fare molto senza mettere in pericolo le mura del palazzo.

— No. Data la sua irritazione e la chiarezza che non sarebbe finita bene, ho deciso di non rischiare la distruzione e di raggrupparci.

In quel palazzo fragile, e in realtà tutta la capitale, era proibito combattere seriamente. E questo iniziava a dare sui nervi a Cetosa, che non era entrata nell'esercito per trattenersi.

— Tornerà domani —, disse Cetosa con uno sguardo assassino carico dell'intenzione di ricordare alla Regina le sue responsabilità.

— Sì, ci sarò. Ok, trovami una stanza per Harik qui. È mio ospite.

— Avevo capito.

 

Hanasia si spostò alle sue stanze, e Harik seguì la guardia. Non avevano fatto venti metri che lei si girò improvvisamente, minacciandolo col dito:

— Tu, Harik, ti sfido. Adesso, fuori.

— Eh, no.

— Che?! Sei un codardo!

— Ho fame, e non puoi mostrarmi la mia stanza se ti ammazzo.

Lei urlò esasperata e gli diede le spalle, camminando quasi di corsa. Arrivarono a un corridoio con molte porte numerate. Si fermò di fronte alla numero dodici.

— C'è qualcuno dentro — rispose Harik.

— Che? — disse lei, sorpresa, guardando la porta chiusa. La aprì, perché non c'erano chiavi o chiavistelli in un mondo dove ogni adulto poteva rompere le porte a mani nude.

In effetti qualcuno c'era. Come faceva Harik a saperlo?

— Che accidenti ci fai tu qui?

— Ehm, la stanza era vuota, e… — disse l'anziano Saiyan, sorpeso. Sicuramente era stato buttato fuori da casa sua.

— Fuori dai piedi.

L'anziano prese tutti i suoi averi - una vecchia tunica - e corse fuori dal corridoio.

— Ok, ora la cucina. Seguimi.

 

 

Il giorno dopo, Hanasia arrivò quasi puntuale al trono, pronta a iniziare le udienze del giorno. Aveva passato una notte calma - niente alcool, nessun uomo, e più di otto ore di sonno - una notte noiosa, ma calma e riposante. Era all'apice della forma.

Era così noioso, mentre il sole brillava e lei era in gran forma, essere bloccata dentro ad ascoltare questioni banali. Poteva scappare e arrivare dall'altro lato del pianeta scattando e divertirsi…

La porta si aprì, interrompendo il filo dei suoi pensieri. Aveva già messo a terra un piede che l'avrebbe ineluttabilmente portata al bovindo, e alla libertà. Era stata Cetosa ad aprire la porta. Aveva il viso contuso e un braccio imbracato. Mostrava sul corpo parecchie piccole linee evidenti delle bende magiche curative degli Tsufuru, che guarivano perfettamente le ferite in meno di un giorno. I diversi membri del palazzo avevano diritto alle medicine avanzate dei loro nuovi amici. Il dottore rimaneva dietro uno schermo per la consultazione. Nonostante l'evidente dolore che le scorreva in corpo in ogni attimo, continuava il suo dovere di guardia con rancore livoroso. Sicuramente il dottore Tsufuru le aveva detto di riposare, e lei l'aveva insultato prima di sfidarlo a uscire dallo schermo e sfidarla.

— Ah, chissà contro chi ha combattuto —, si domandò Hanasia. Era stato ieri notte di sicuro. Ora che ci pensava, aveva visto una grande esplosione lontano nei campi il giorno prima al tramonto… Comunque, sicuramente non aveva vinto.

La ragazza che le aveva chiesto udienza il giorno prima entrò, passando accanto a Cetosa lanciandole uno sguardo feroce. Da lei emanava una forte presenza. Hanasia capì subito che era quella che era stata buttata fuori il giorno prima: aveva ancora tracce dei colpi di un assalto di gruppo. Un labbro spaccato, un occhio nero, un livido sul braccio. Be', bisognava essere educati nel palazzo, accidenti, non è che non lo si sapesse!

Era una Saiyan molto alta, la cui testa raggiungeva quasi la cima dell'uscio. Grande, di statura impressionante, lunghi capelli che scendevano in un'unica capigliatura, più dritti che per il Saiyan medio, arrivavano così in basso che sembrava quasi che indossasse un mantello nero. Indossava vestiti fatti di tessuti, nuovi e puliti, e gioielli. Quello stile apparteneva solo alle famiglie Saiyan anziane della capitale, che in genere si potevano riconoscere dall'arroganza. Da notare che i membri di queste famiglie in genere erano meglio educati, più forti e vivevano più a lungo delle loro controparti campagnole. Le loro case lussuose e l'accesso privilegiato a buon cibo e acqua potabile, e anche a volte, a oggetti Tsufuru, dava loro vantaggi che si trasmettevano di generazione in generazione.

L'alta dama si avvicinà. A Hanasia era venuta in mente la parola "dama", perché imponeva rispetto ed educazione. Hanasia aveva spesso incontrato Saiyan di spessore, e avevano sempre quell'effetto, che lei ignorava facilmente. Ma stavolta era più forte. Si sentì piccola e volgare davanti a lei. Una comandante. Una… Una Regina, per portamento.

Le faceva voler essere formale. Se fosse esistita la formalità nella lingua Saiyan, il che ovviamente non era vero. Nella lingua Tsufuru invece, c'erano otto casi a seconda del livello di gentilezza.

Si piantò davanti a Hanasia, a otto metri di distanza. Guardandola, braccia incrociate e la schiena dritta. Sembrava che il centro della sala delle udienze non fosse più il trono reale. La guardò negli occhi, penetrandole le iridi, e sembrò leggerle tutti i pensieri più intimi. Il silenzio, assordante per Hanasia, durò pochi eterni secondi.

— Ehmmm, uh, che vuoi? — pigolò Hanasia con voce sottile.

— Sono Brussel Settima!

Hanasia aspettò il seguito, e così iniziò un nuovo silenzio.

— E… Ok, benvenuta. Uhm, che c'è?

— Regina Hanasia! Non si ricorda di me? — Tuonò Brussel in una domanda che suonava più simile a una condanna.

— Ah, ehi… Ok, non te la giocherai così con me vero?

Brussel sciolse le braccia e appoggiò i pugni sulla vita. Hanasia notò che la sua forza combattiva stava aumentando.

— Io sono la tua nemesi.

— La mia che…

— Il tuo incubo peggiore. Sono la morte, sono la vendetta! Io, Brussel, settima del mio nome, ti sfido! Ti eliminerò. ti ucciderò e profanerò il tuo corpo! Laverò l'onta che mi hai mosso dieci anni fa!

Hanasia rimase in silenzio per un istante, incapace di ricordarsi di che parlasse la dama. La guardò con occhi spalancati, inconsapevole, e Brussel lo notò e lo capì bene, il che la fece solo arrabbiare di più.

— Non mi riconosci. Ero una debole ragazzina allora. Ma, alimentata dall'odio, sospinta dall'onore, mi sono allenata. Sono diventata forte, sono diventata la migliore, la numero uno dell'universo!

Mentre alzava la voce, la sua aura aumentò il suo potere, spinto all'estremo dall'emozione, si sviluppò nella stanza. L'aria scaldata iniziò improvvisamente a vorticarle intorno, muovendo con essa i suoi capelli, che ondularono come una vela al vento. Oggetti e mobili iniziarono a tremare.

Hanasia non l'aveva mai visto prima. E aveva la pelle d'oca.

L'aura della dama riempiva la sala. Tutto le apparteneva ora. Il trono, il mobilio, il bovindo, erano suoi. Cetosa lavorava per lei. Era nel suo palazzo. Doveva solo spazzare via la polvere che sedeva nel suo trono.

La Regina - per quanto ancora, si chiedeva - Hanasia doveva ammetterlo. Non aveva mai sentito così tanto puro potere emanare da un Saiyan. Anche Harik non era altrettanto forte. Il suo cuore iniziò a correre. La sfida, il dubbio! Senza trasformarsi, ce l'avrebbe fatta? Sentendosi surclassata nella forma, nel portamento, Hanasia non ebbe altra scelta.

Andò in panico.

Vedendo la sua agitazione, Brussel puntò l'indice contro Hanasia, e con voce profonda, accompagnata dal suo potere, che continuava a svilupparsi e crescere, la provocò:

— Annuncia al popolo, debole Regina, che è arrivato il tuo ultimo duello. Questo pomeriggio. L'intera capitale vedrà la tua sconfitta. Stai vivendo l'ultima…

Trasformata in Super Saiyan, Hanasia scattò in avanti in salto. Il suo pugno piegò Brussel a metà all'altezza delllo stomaco. Senza darle il tempo di espellere l'aria dai polmoni e mentre iniziava appena a riprendersi dalla sorpresa, il suo cervello avendo appena inviato il riflesso del contrattacco, Hanasia si girò, con una gamba allungata, che penetrò fra la spalla e il fianco di Brussel. Le ossa e i muscoli si spappolarono e tutto il suo corpo venne schizzato di lato a velocità folle. Passò dritto oltre Cetosa, che dal canto suo neppure ebbe il tempo di reagire. Continuando senza controllo, attraversò i muri del palazzo, poi quelli della sala d'attesa. Rompendo il mobilio nella stanza di fianco, finalmente si fermò contro un terzo muro, che le crollò addosso.

Poi ci fu la calma.

Hanasia, dritta, sudata, si affacciò verso l'entrata della sala del trono. Vide Cetosa, paralizzata, e il muro distrutto da cui proveniva la nube di polvere.

— Oops.

La sala era tornata al suo stato iniziale. Niente vento, niente tremore, l'aura di Brussel era scomparsa… Per sempre. Hanasia uscì dalla trasformazione, i capelli neri ricaddero verso il basso. Cetosa ricominciò a respirare.

— Oh, be'… Uhm… Peccato!

Disegni di:

BK-81       64 65

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Asura      

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