DB Multiverse

Hanasia, la Regina dei Saiyan

Scritto da Salagir

Traduzione e adattamento di Crix, Prosavio e ItsAMeLuigi

Questa storia si svolge sul pianeta dei Saiyan, ben prima che questi diventassero il popolo di sterminatori che portò terrore in tutta la Galassia all'epoca di Re Vegeta. Se ti sei mai chiesto in che modo queste persone così potenti vivessero in comunità, se vuoi conoscere le sorti dei Guerrieri Millenari che hanno preceduto Broly, se le avventure di una frenetica ed emotiva guerriera in un mondo crudele ti tentano…allora entra nel mondo della Saga di Hanasia!


Parte 1 :123
Parte 2 :4567891011121314151617
Parte 3 :18192021222324252627282930313233343536373839404142434445
Parte 4 :464748495051
[Chapter Cover]
Parte 3, Capitolo 37.

L'attacco dei ribelli

 

Avvicinandosi alla capitale, il vascello ribelle passò vicino molte navi mercantili e con il pretesto di fare acquisti, l’equipaggio fece salire a bordo combattenti ogni volta che se ne presentava l’opportunità. Per quest’ultimi, entrare nel vascello senza essere visti poteva essere facilissimo grazie alla loro velocità o impossibile per via della loro stazza. Kramm per esempio aveva un volume di numerosi metri cubici, non poteva evitare di essere notato da qualcuno nel corridoio di una nave o nascondersi da qualche parte.

Lui e pochi altri atterrarono centinaia di kilometri distanti dalla capitale, dove i controlli erano meno severi e il turismo meno inabituale.

Mentre alcuni combattenti uscivano dal vascello nascosti in casse di rifornimenti o di metalli preziosi nascondendosi negli angoli più oscuri del veicolo, Kramm e la sua squadra si sarebbero avvicinati a tutta velocità a rasoterra, verso il palazzo dell’imperatore…

In poche ore, il palazzo sarebbe divenuto il luogo di una terribile battaglia!

Dijicharate si grattava il mento guardando il cadavere insanguinato dell’intruso che aveva appena ucciso.

Questo tipo era troppo forte per essere una semplice spia… Troppo silenzioso – o almeno così aveva pensato – o un guerriero della corte di cui aveva scordato l’esistenza.

La domanda consisteva se fosse da solo o no.

Cosa credeva di fare un guerriero di quella forza… da solo nel palazzo?

Prima di allarmare chiunque altro, cominciò a cercare per altre persone indesiderate…

Abbandonò il corpo dal quale usciva il sangue che si stava cospargendo per il corridoio. La prossima guardia avrebbe riconosciuto la firma e avrebbe saputo che Dijicharate aveva eliminato l’intruso. Poi avrebbero dato l’allarme, abituati al fatto che Dijicharate non lo faceva mai.

Yshar aveva trovato un punto d’osservazione interessante. Uscì dal suo hangar, volando da una finestra per atterrare su un tetto dello stesso colore della propria pelle e dei vestiti. Sapeva che quel camuffamento si sarebbe rivelato utile anche dentro il palazzo, anche se non sarebbe entrato da solo.

Vide con i propri occhi uno dei suoi colleghi entrare da una larga apertura in alto dove aveva abbassato per poi rialzare delle sbarre permettendogli il passaggio.

Era stato veloce e silenzioso, ma se Yshar era riuscito a notarlo, allora anche il terribile sguardo di Dijicharate l’aveva notato?

Sentendosi un po’ codardo, decise di mantenere la propria posizione e di lasciarlo, assicurandogli la sopravvivenza.

Avrebbero attaccato al segnale stabilito. Quale sarebbe stato questo segnale? Sicuramente la distruzione di mezzo palazzo.

Non c’era alcun interesse nel rimanere nascosto. Tutte le forze avversarie erano all’interno del palazzo, nessuna pericolosa armata sarebbe arrivata per prestare man forte, fatta eccezione per due guerrieri della corte occupati a pranzare poco lontani.

Kramm verificò che la sua spada fosse ben agganciata e nascosta nell’immenso panno opaco che doveva nasconderla. Ancora qualche dozzina di kilometri e sarebbe giunto alla destinazione. Come previsto, continuò a volare alla cieca. Nonostante i guerrieri dell’epoca non fossero capaci di percepire l’aura, erano comunque in grado di percepire i più sottili movimenti d’aria, i suoni ed erano sempre coscienti di ciò che li circondavano anche se avevano gli occhi chiusi.

Il piccolo bombardiere che volava accanto a lui si nascose nel lenzuolo di Kramm attaccandosi intorno al suo grosso torace. Il bombardiere era a testa in giù con le proprie mani aperte verso l’apertura del lenzuolo. Con i propri occhi poteva sbirciare di fuori e mentre il barbaro volava, da quella posizione avrebbe potuto lanciare sfere energetiche. Il piccoletto notò che si stavano distanziando dal suolo, poi riconobbe l’immenso palazzo dell’imperatore.

Che magnificenza!

Centinaia di tonnellate di pietra e metallo rinforzato, largo quanto una piccola montagna. La capitale si estendeva adeguatamente intorno il palazzo che costituiva il vero gioiello nell’area. Ci avrebbero potuto alloggiare centinaia e centinai di persone, se non fosse stato riservato per l’élite dell’élite (non provateci, voi non ne fate parte). Immense stanze completamente chiuse al pubblico che si sarebbero potute vedere solo su una televisione in 3D, con straordinarie opere d’arte, uniche ed antiche costruzioni, gioielleria dal valore di due o tre pianeti abitabili, masse di puro oro (non si sa mai a cosa possa veramente servire, ma ci si sente sempre più sicuri con una sala piena d’oro) e una moltitudine di abiti magnifici di tutte le stoffe e taglie, così sontuosi che chiunque li avesse indossati sarebbe sembrato l’essere più nobile di tutto il mondo, ma che nessuno indossava perché lì c’erano solo veri guerrieri e non degli smidollati.

Riscuotendo tasse per centinaia di anni da ogni parte dell’universo e saccheggiando le più belle ricchezze dalle conquiste portate a termine, l’impero del freddo aveva accumulato un bel bottino di cui solo la parte più bella si trovava nel palazzo. L’Imperatore Blizzard quanto meno aveva buon gusto. Più dei propri figli. Il valore storico dell’area sorpassava qualsiasi immaginazione. Solo il più piccolo miserabile ignorante insetto (ovvero almeno la metà delle persone che lavoravano alla corte) poteva toccare quel suolo senza sentirsi minuscolo tra i tanti anni di bellezza e arte.

Era il momento di far esplodere il tutto.

Il bombardiere scagliò una prima sfera energetica, non molto forte per lui, che avrebbe potuto incenerire questa falsa montagna e la città che la circondava. Si schiantò contro lo scudo magnetico facendo tremare terribilmente la sua base, ma senza essere abbattuto. Dopo aver trovato la base grazie alle vibrazioni causate, il bombardiere attaccò quest’ultima e nello stesso momento, la città si trovò improvvisamente nuda, senza difese, in tutta la sua semplicità. Kramm non aveva nulla da dire, un lavoro svolto con professionalità da parte del bombardiere suo alleato.

Dopo la prima vibrazione, qualche guerriero della corte era già con il capo verso il cielo. In meno di un secondo, prima che il secondo attacco fosse stato scagliato, erano già in direzione del nemico appena individuato. Due di questi furono sconfitti immediatamente prima che potessero lasciare il suolo, da altri nemici dell’impero. Gli altri furono combattuti e direttamente giustiziati dagli amici di Kramm che erano appena arrivati.

Inseguito il palazzo fu assalito da ogni lato. Non solo dal bombardiere appena Kramm si avvicinò, ma anche da altri ribelli nascosti. Delle esplosioni si verificavano ovunque, a dimostrazione del fatto che la battaglia era cominciata. Le mura erano di una resistenza stupefacente ma non fu impossibile abbatterle. Le persone volavano in ogni direzione e tutti colpivano qualcuno.

L’immensa sala del trono non aveva nemmeno una piccola fessura. Era ben nascosta nei piani sotterranei e per entrarci era necessario passare per il corridoio come una persona civilizzata. Corridoi dove le guardie erano numerose e dove si trovava anche Dijicharate. Quei guerrieri non sarebbero usciti per combattere, sapevano che la battaglia finale sarebbe avvenuta lì dentro, tra quelle mura da dove nessun ribelle sarebbe uscito vivo. Sapevano che Dijicharate avrebbe lasciato passare il grosso delle truppe per uccidere solo gli ultimi, poi quelli che avrebbero cercato di fuggire. Sapevano che i guerrieri dell’impero avrebbero dovuto fare onore al loro imperatore dato che quest’ultimo non rischiava assolutamente nulla in confronto ai suoi combattenti perché era semplicemente Blizzard. E dopo averlo visto alzarsi si sapeva che non avrebbe solo resistito agli attacchi nemici, ma avrebbe potuto schiacciare la ribellione da solo. Ad ogni modo, ciò non doveva accadere poiché avrebbe dimostrato solo la loro incompetenza.

Inoltre Blizzard era seduto sul proprio trono senza la minima intenzione di muoversi. Guardava gli schermi sui muri che mostravano l’arrivo dei nemici. Di volta in volta, ognuno veniva tagliato a metà da una forza invisibile. Questo significava che Dijicharate stava affilando le proprie lame.

Yshar il destro non volava poiché era non era abituato ai combattimenti aerei. Correva a massima velocità lungo il corridoio accompagnato da altri ribelli. Seppe dalla loro assenza che qualcuno era già morto e ne fu rattristato. Non incontrava nemici da un po’, ciò poteva significare che si stava avvicinando alla sala del trono designata per l’incontro.

“Fermi!” disse quello che stava guidando il gruppo, di cui Yshar non ricordava il nome ma che era conosciuto per la sua sovraumana capacità da esploratore. Tutti seguirono l’ordine fermandosi nel momento in cui i corridoi furono sbarrati da alcuni pannelli di katchin* . Un semplice trucchetto usato per proteggere le proprie tombe da qualsiasi civiltà per quanto elementare… ma di un efficacia sufficiente affinché funzionasse anche con molti guerrieri.

Il gruppetto ripartì in direzione di un altro corridoio, Yshar sentiva un’enorme eccitazione. Gigantesca. Ma anche paura e timore. Qualcosa di indefinibile. Avevano appena percepito la potenza di Blizzard. Ma non essendo capaci di percepire i livelli combattivi, Yshar sapeva solamente di andare incontro ad un grosso pericolo, come se possedesse l’istinto di un animale.

“Fermi!” Disse di nuovo la guida. Si fermarono ma non si attivò nessuna trappola e non si presentò nessun nemico.

Tutti si guardarono per un istante senza comprendere.

“La sala è a cinquanta metri.” Disse il capo gruppo. I guerrieri furono pervasi da un improvviso stupore. Quindi erano vicini. Ma perché aspettare?

Seguirono alcuni secondi di attesa.

“Adesso!” Urlò per poi volare dietro l’angolo. Tutti lo seguirono, specialmente quelli che erano più impaziente ed erano pronti a proseguire anche senza di lui. Entrarono tutti nella sala del trono, esattamente nello stesso momento in cui da un’altra entrata sul lato opposto, fecero irruzione anche altri ribelli, tra cui un lenzuolo enorme che sparava sfere energetiche.

Yshar individuò colui che sarebbe stato il suo primo avversario, un guerriero della corte che mettendosi in posizione d’attacco aveva pensato la stessa cosa del ribelle. Ad ogni modo, soltanto uno di loro sarebbe rimasto in piedi. Si lanciarono l’uno contro l’altro, senza che Yshar si rendesse conto che gli ultimi due del suo gruppo non erano riusciti ad entrare nella sala del trono. L’ultimo era stato tagliato a metà prima ancora che potesse realizzare di essere sotto attacco, mentre il penultimo chiamato Kutsaru ricevette un colpo energetico da un assalitore invisibile che lo scagliò lungo il corridoio, lontano dalla sala del trono.

Kutsaru sbatté contro il muro dietro di sé riuscendo però a riprendere controllo dei propri movimenti prima che potesse cadere a terra. Con entrambi i piedi ancorati al pavimento, controllò l’area davanti a sé cercando di fare attenzione ai più sottili movimenti d’aria e di risonanza. Era in fondo ad un corridoio con il proprio nemico davanti a lui. Era impossibile farselo sfuggire. Ma non riusciva a percepire nulla. Sapeva che Dijicharate era lì. Non poteva cadere in quella trappola guardando da qualche altra parte, doveva fissare gli occhi davanti a sé.

Non si stava muovendo nulla, oltre ai combattimenti di una dozzina di eccezionali guerrieri lì intorno. Nonostante tutti i propri sensi gli dicevano che era solo e che il suo avversario si era dileguato, sapeva che non poteva essere così. Il tempo passava. Sembrò durare anni. Invece erano solo alcuni secondi che si accumulavano. Un’ eternità per i cervelli dei due nemici. Dijicharate continuava a non attaccare. Era il segno che sapeva che il suo avversario non era così vulnerabile. D’altro canto kutsaru avrebbe preferito essere sottovaluto.

Chi sarebbe stato migliore nel gioco della pazienza? Sicuramente Dijicharate. Kustaru confidava nelle proprie abilità, ma doveva anche considerare la forza del proprio avversario, inoltre era evidente che in quel gioco la sua avversaria gli era superiore, quindi se si fosse mosso avrebbe perso e lo sapeva. Anzi, sarebbe morto. Ma era meglio non pensarci. Dijicharate avrebbe attaccato e lui avrebbe schivato il colpo per poi colpirla di nuovo.

Un’altra eternità dopo e improvvisamente arrivò il movimento tanto atteso. La guerriera si mosse da un angolo oscuro. Non riuscì a vederla ma la macchia appannata gli indicò la sua posizione iniziale di cui non gli fregava nulla. La guerriera stava per correre verso di lui e colpirlo di lato. Kutsaru era in perfetta posizione di difesa. L’avrebbe vista, l’avrebbe percepita. La macchia sfuocata si avvicinò ad una velocità inimmaginabile, ma i suoi riflessi erano altrettanto lesti. La macchia si muoveva a zig-zag senza uno schema preciso, in modo tale da indurre l’avversario ad aspettarsi un attacco da qualsiasi lato. Fortunatamente il guerriero era con le spalle al muro! Ciò limitava i rischi!

Non avrebbe potuto evitare il nemico.

Ovviamente lo capì subito.

Non aveva alcuna chance contro Dijicharate. Sarebbe stato trafitto, per il secondo o per il terzo colpo. Se avesse avuto la capacità di tenere testa a questa élite, non si sarebbe ritrovato nella ribellione. Sarebbe stato preso dalla sua scuola di arti marziali, addestrato in una scuola dell’impero e in questo momento avrebbe fatto parte dell’élite che difendeva l’Imperatore.

Kutsaru caricò tutta la sua forza e incassò il colpo dell’avversario. Non lo schivò. Aveva fallito nell’intento di bloccarlo poiché era stato troppo veloce. Dijicharate si era presa il tempo di valutare il proprio avversario e aveva concluso che era molto forte e che aveva un’ottima posizione difensiva. Quindi aveva attaccato a massima velocità e precisione. Dijicharate uccideva con un solo colpo, altrimenti non era Dijicharate. Kutsaru sentì una lama o un braccio o qualcosa di affilato entrare nelle sue budella e passare con minuta precisione tra due vertebre. Il suo intero sistema nervoso distrutto in un colpo solo. Straordinario.

Ma era giù riuscito a far partire il segnale al suo sistema nervoso per contrattaccare, prima di essere trafitto. Mentre l’arma di Dijicharate continuava a farsi strada nel suo corpo tra il ventre e la spina dorsale, il pugno di Kutsaru si avvicinava dritto verso il nemico nel momento in cui la guerriera era vulnerabile come non mai. Il pungo la colpì. Il ribelle non era riuscito a mirare dove colpire quindi non era riuscito a prenderla in faccia, non si può essere tanto fortunati. Però l’aveva colpita sulla spalla, vicino al torso, non era andata poi così male.

Kutsaru non colpiva come un rammollito.

Dijicharate si fece male, molto molto male. L’impatto si propagò nel resto del corpo mentre la guerriera indietreggiava volando. Sfilò la lama e si allontanò dal nemico a rallentatore. Il ribelle viveva i suoi ultimi micro secondi e intendeva assaporarne ogni dettaglio.

Non fece nessun gemito o lamento dovuto al dolore. Si era sentito solo il rumore del colpo, sordo e violento. Si distinsero dopo un po’ qualche movimento nell’aria dei corpi, il vento creato dalla velocità dell’attacco e l’odore. L’odore si propagò con molta lentezza. E infine, le immagini.

A parte i demoni del Freddo, nessuno conosceva il viso di Dijicharate. Coloro che l’avevano visto erano come il nostro guerriero: prossimi alla morte. Due occhi minuscoli e pieni d’odio, una testa liscia senza capelli, ma provvista di una specie di criniera marina, aereodinamica. Un corpo umanoide, con lunghe e affilate lame attaccate alle sue braccia che finivano in due lunghe dita dotate di artigli. L’aveva vista. Che guerriera impressionante!

Sarebbe caduta nella sala del trono. Se Kutsaru avesse avuto la telepatia avrebbe gridato a tutti i suo compagni “Dijicharate! Attaccatela!” Dovevano approfittare di questo raro momento in cui era senza difese… ma non era telepatico. Kutsaru morì con l’immagine del corpo dell’avversaria che si allontanava, sperando che il suo ultimo colpo sarebbe servito a qualcosa.

 

Mentre questi miserabili insetti volavano intorno a lui, Blizzard stava riflettendo.

I suoi ultimi due figli erano lontani e il ribelle più forte stava aspettando il momento giusto per attaccare. C’era da aspettarselo, però…

I suoi servizi segreti avrebbero dovuto avvisarlo di questo imminente attacco. E questi ribelli non sarebbero dovuti essere messi al corrente così velocemente della partenza di Frosty. Erano troppo ben informati al contrario suo che non lo era abbastanza. Chiaramente qualcosa andava storto nel suo impero… un errore da parte sua, forse? Oppure i suoi figli non stavano facendo funzionare l’intelligence e il sistema di informazioni come avrebbero dovuto…

In ogni caso, i migliori elementi a disposizione della ribellione erano tutti riuniti qui. Visto il loro livello, era sicuro. Il suo palazzo stava pagando un piccolo prezzo ma almeno, questi ribelli sarebbero stati sconfitti. Non sarebbero stati questi patetici guerrieri della corte ad occuparsene, ma ad ogni modo… Dalla scomparsa di Chatterton e della squadra Hot la forza dell’esercito a palazzo era ridicola. Il suo primogenito era partito portando con sé gli ultimi due migliori elementi… Era uno schifo.

Avrebbe dovuto battersi… a meno che Dijicharate non si fosse degnato di entrare nella sala del trono e mettersi seriamente al lavoro.

Proprio in quel momento la guerriera entrò nella sala per poi cadere a terra.

Blizzard sospirò esasperato.

Un veloce sguardo alla situazione generale da parte di Yshar gli permise di costatare che erano in vantaggio. La fortuna era dalla loro parte, visto che Kramm, il più forte del gruppo, non aveva ancora avuto il bisogno di attaccare.

Vide una persona cadere in mezzo alla sala del trono. Ma non appena toccò il suolo, scomparve in una macchia sfuocata. Yshar il destro non cercò di capire. Schivò una sfera energetica e abbandonando il corpo del suo ultimo avversario, si scagliò nella zuffa con un solo obiettivo in testa: permettere al bombardiere e a Kramm di avvicinarsi all’Imperatore Blizzard, l’essere più forte dell’universo.

Yshar era un po’ più basso della media. Ciò significava essere alto per la sua razza. Malgrado i suoi tratti marcati che sul suo pianeta lo facevano passare per un duro, i popoli dell’impero si dovevano trattenere dall’accarezzargli la testa amichevolmente. Nei bar, prima che ordinasse, il barman apriva il frigo in cerca di latte e bottiglie di succo di frutta. Yshar aveva appreso a fare di questo suo difetto un pregio. In un combattimento di gruppo, la sua statura era un vantaggio enorme.

Nessuno lo attaccava mentre si muoveva tra i duelli. Con la sua mano distruttiva passava e colpiva la schiena dell’avversario. Era difficile fare attenzione a qualsiasi cosa intorno a lui. Tra le numerose sfere energetiche del bombardiere, i suoi bersagli e i combattenti che erano abituati al combattimento uno contro uno, era facile dimenticare il piccolo Yshar che volava tra i guerrieri. Il suo primo colpo era stato efficace. Il ribelle che stava combattendo quel guerriero approfittò del dolore del suo avversario per scagliargli un forte pugno dritto verso la carotide. Il secondo aveva guadagnato vantaggio, forse persino la propria vita. Il terzo ribelle che Yshar aveva pensato di aiutare cadde a terra senza vita. Il guerriero della corte che aveva ucciso quel ribelle, colpì anche Yshar, ma quest’ultimo, riuscì a parere il colpo con il suo braccio del perdono.**

Invece di cadere al suolo, Yshar preferì indietreggiare, utilizzando la spinta del colpo per fuggire dal suo avversario prendendosi un momento di riposo.

Riguadagnò fiato un istante per poi venire attaccato dalle guardie dell’imperatore. Furono troppo veloci. Yshar viveva il suo ultimo istante.

“Spostati a destra!” Ordinò un telepate nella sua testa. Yshar riconobbe la voce di un amico e ubbidì. Si mosse a destra e ciò lo mise ancora più in traiettoria del pugno a cui era destinato. Dietro di lui, qualcuno scagliò un colpo energetico rosso e scottante fino a schiantarsi sull’avversario.

Senza essere in grado di schivarlo, quella grossa guardia esplose a mezz’aria. Yshar sapeva che non sarebbe bastato, così caricò una sua sfera energetica. Non poteva contare sull’aiuto degli altri ribelli. Volò contro la nuvola di fumo che stava avvolgendo la faccia di quella guardia. Prima ricevette un calcio, poi una mano lo afferrò. Non era per niente un nemico facile, ma lo aveva previsto e per questo aveva scagliato il suo piede in avanti. Ricevette un altro calcio. Maledizione. Il piccolo braccio di Yshar non riusciva raggiungere gli avversari, loro potevano?

Lanciò la sua sfera energetica a distanza ravvicinata, sulla faccia ferita della guardia d’élite.

 

 

Hanasia stava dormendo a fatica a causa del dolore ad ogni parte del corpo. Non era il solito dolore al limite del piacevole causato da una buona vecchia ferita aperta. Si svegliava ogni volta, cadendo nuovamente in un sonno che non le permetteva di rilassarsi con sogni popolati da strane visioni.

Esseri con teste di animali combattevano in una larga stanza, con un mostro gigante al centro, su un trono. Alcuni Tsufuru a forma di brioche farciti di carne discutevano violentemente intorno ad un tavolo. Esseri potentissimi si stavano avvicinando al suo pianeta…

Fortunatamente, c’era anche un sogno con numerosi giovani uomini intorno a lei, che facevano cose interessanti con le loro mani e lingue.

 

Disegni di:

Abysse      

Salagir      

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